Quando parliamo d’arte stiamo toccando un argomento che difficilmente lascerà molto spazio all’oggettività. Pensiamo solo al fatto che la stessa opera d’arte potrebbe addirittura provocare sindrome di Stendhal in un osservatore e lasciarne completamente indifferente un altro.
Mentre non ci sono dubbi che l’immagine proiettata inizialmente sulla retina sia la stessa per la maggior parte delle persone, indipendentemente dalla loro esperienza, la percezione della stessa immagine è molto diversa da individuo a individuo.
In precedenti articoli, abbiamo avuto spesso modo di illustrare le varie applicazioni che l’eye tracker può avere in diversi settori che possono aiutare a massimizzare il successo economico e l’apprendimento professionale nelle organizzazioni. Uno di questi è appunto la professional performance, ovvero la valutazione delle prestazioni lavorative legate all’abilità di operatori e operatrici che alla loro interazione con il contesto ambientale.
Grazie all’uso dell’eye tracker, possiamo mappare le strategie visive dei più esperti nel mentre eseguono un compito e formare in modo più semplice ed efficace i principianti, ad esempio durante l’esecuzione di un compito all’interno di una catena di montaggio o durante una prestazione atletica.
Uno degli ambiti più interessanti in cui studiare la professional performance con eye tracker è appunto quello legato all’arte e alla sua valutazione estetica. In questo campo, infatti, gli esperti sono sicuramente in grado di dare rilevanza a determinati elementi propri, ad esempio, di un dipinto o di una scultura, di riconoscere diversi stili o contesti storici, nonché, ovviamente, identificare forme e particolari sfumature di colori.
Al di là di questi aspetti tecnici, l’esperienza estetica derivata da una qualunque opera d’arte è una complessa interazione di risposte cognitive, emotive, comportamentali e fisiologiche (Celli et al., 2016). L’opera d’arte è prima percepita, poi analizzata e infine interpretata. A seconda del bagaglio di conoscenze pregresse, quindi, gli individui riusciranno a vedere le opere d’arte in modo molto diverso fra di loro. Ma è possibile riuscire a trasferire queste competenze in modo semplice e veloce anche a chi sa poco o nulla di arte?
In questo articolo:
Indagare l’esperienza visiva nella scultura
Precedenti ricerche hanno indicato che i valutatori più esperti tendono ad avere inizialmente un pattern di visualizzazione più globale dell’opera e, solo successivamente, vanno a concentrarsi su singoli dettagli (Vogt & Magnussen, 2007; Zangemeister et al., 1995).
Questo modello di esplorazione visiva è stato soprattutto riscontrato per quanto riguarda le opere bidimensionali, e quindi per la maggior parte dipinti, che possono essere osservati in modo frontale, mentre sono magari appesi ad una parete. Ben diverso è il discorso che può essere fatto per le sculture. Queste opere, infatti, consentono un maggior livello di interazione da parte dell’osservatore, che può muoversi attorno alla produzione artistica guardandola da molteplici punti di vista. In questo caso come sarà il modello di esplorazione visiva?
In una ricerca di Stein e colleghi del 2021, gli autori si pongono proprio questa domanda e cercano di capire in che modo esperti e non esperti esplorano visivamente un’opera d’arte tridimensionale, ovvero, una scultura. Per fare questo, utilizzano l’eye tracker e coinvolgono dei partecipanti suddividendoli in 4 gruppi principali in base al livello di expertise:
1. Inesperto = nessuna formazione artistica
2. Novizio = studenti di arte o educazione artistica
3. Semi-esperto = laurea magistrale in arte o materie affini
4. Esperto = scultori professionisti con almeno 10 anni di esperienza
La visita è stata effettuata al Kunstforum Ostdeutsche Galerie di Ratisbona, in Germania. Le due sculture selezionate erano rispettivamente la “Fantastica” Daphne (Große Daphne, di seguito chiamata semplicemente “Daphne”) dell’artista Renée Sintenis (1930), ovvero una scultura in bronzo su un piedistallo di calcare a conchiglia grigio scuro (144,0 × 29,5 × 25,5 centimetri; Figura 1), e “Untitled (Moses)” (di seguito semplicemente Mosè), una scultura in bronzo dell’artista Kurt Kroner (1919) che misura 38,9 × 17,2 × 19,9 cm (Figura 2).
Figura 1 Sintenis, Renée (1930) ‘Great Daphne’ [Große Daphne]
Figura 2 Kroner, Kurt (1919). ‘Untitled (Moses)’, [Ohne Titel (Moses)]
La scelta degli autori è ricaduta proprio su queste due sculture perché entrambe sono molto complesse, hanno una posa simile, ma caratteristiche completamente differenti. Se notiamo bene, infatti, Daphne presenta dei particolari molto ben curati, come ad esempio le foglie intagliate al posto della chioma (Figura 1), mentre, al contrario, Mosè ha una lavorazione molto più grossolana (Figura 2). Un altro vantaggio che favoriva l’uso dell’eye tracker era che, per la loro posizione nel museo, queste sculture potevano essere osservate da ogni angolazione possibile ed i partecipanti non avevano impedimenti fisici di alcun tipo nell’osservarle a 360°.
Sono stati coinvolti in totale 20 partecipanti, 5 per ognuno dei 4 gruppi definiti all’inizio. Ognuno di loro veniva invitato prima ad indossare l’eye tracker e successivamente ad effettuare una semplice passeggiata in museo, con l’unica istruzione di soffermarsi ad osservare prima il Mosè e successivamente Daphne. Gli autori avevano ovviamente precedentemente definito le aree di attenzione (AOI) rilevanti per entrambe le sculture, basandosi sul consiglio di alcuni esperti di queste opere (Figura 3).
Figura 3 AOI definite da esperti su Daphne (a sinistra, Sintenis, 1930/1991) e Mosè (a destra, Kroner, 1919)
Fonte Investigating visual expertise in sculpture: A methodological approach using eye tracking
Le aree di interesse individuate per entrambe le sculture rappresentano i punti fondamentali dove uno scultore o uno studioso molto esperto dovrebbero soffermarsi con lo sguardo molto più a lungo rispetto ad esempio ad un principiante.
A partire da questo, gli autori formulano 6 domande di ricerca cui rispondere con il loro esperimento. Sappiamo infatti che è possibile dare una corretta interpretazione delle metriche dell’eye tracker solamente a partire da una ben specifica domanda (o domande, come in questo caso) di ricerca:
1. I partecipanti più esperti tenderanno a guardare l’opera partendo dall’osservazione globale per arrivare al particolare, come accade per le opere bidimensionali (es. dipinti)?
2. I partecipanti con un livello di esperienza più elevato tenderanno a fare un numero maggiore di switch tra osservazione globale/particolare (e viceversa) dell’opera rispetto ai principianti?
3. Ci sono delle differenze significative nel numero di fissazioni e il loro posizionamento rispetto ai livelli di competenza di ognuno?
4. Il livello di competenza più elevato sarà associato ad un numero maggiore di fissazioni?
5. Il livello di competenza più elevato sarà associato ad un maggior numero di fissazioni nelle aree importanti individuate sulle opere?
6. I più esperti registreranno un numero di fissazioni al minuto più elevate sulle aree più importanti rispetto ai principianti?
Esperti vs non esperti: quali sono i risultati?
Date queste premesse, la metrica principale considerata dagli sperimentatori è quella legata alle fissazioni. Per quanto riguarda la domanda di ricerca 1, i risultati basati sulla durata totale delle fissazioni mostrano che le sculture non presentano lo stesso pattern di esplorazione visiva delle opere bidimensionali.
Non sono state infatti riscontrate differenze significative nell’osservazione da globale a particolare per i diversi gruppi. Questo risultato è facilmente spiegabile dal fatto che, diversamente da un dipinto, che può avere un unico punto di osservazione, la scultura permette di averne molti, in quanto gli osservatori possono interagire con l’opera in modo differente, acquisendo una ricchezza di nuovi punti di vista e di diverse prospettive girando e camminando attorno all’opera.
Similmente, anche per quanto riguarda la domanda di ricerca numero 2, i risultati mostrano che non c’erano significative differenze nello switch tra osservazione globale/particolare (e viceversa) per quanto riguarda i vari gruppi.
Sono diversi invece i risultati per la domanda di ricerca 3, che mostrano come i più esperti tendevano a rimanere molto più a lungo su una determinata porzione dell’opera e ad avere una maggior distanza nelle fissazioni rispetto ai meno esperti. La spiegazione potrebbe risiedere nel fatto che i più esperti, sapendo dove guardare, si soffermavano ad analizzare più approfonditamente i settori delle sculture che meritavano attenzione, mentre, al contrario, i meno esperti, non sapendo bene dove guardare, tendevano a spostare molto più spesso lo sguardo.
Il livello di competenza più elevato non era quindi associato ad un maggior numero di fissazioni (domanda di ricerca 4). Infatti i più esperti fissavano più aree di interesse rispetto ai principianti (domanda di ricerca 5), ma lo facevano meno spesso, perché tendevano appunto a soffermarsi sui punti importanti e a far vagare meno lo sguardo. Per questa ragione (domanda di ricerca 6), i più esperti non avevano una maggior numero di fissazioni al minuto rispetto ai principianti.
Conclusioni: è possibile trasferire il modello di esplorazione visiva di un’opera d’arte?
Le conclusioni che possono essere elaborate a partire da questi risultati ci evidenziano una differenza sostanziale nell’osservazione delle opere bidimensionali rispetto a quelle tridimensionali. I partecipanti non sono stati infatti in grado di acquisire un’iniziale visione globale dell’opera per poi andare al particolare, a differenza di quel che accade per i dipinti.
È stato necessario per i partecipanti girare fisicamente attorno alle sculture per poterne osservare tutte le caratteristiche. Per quanto riguarda la professional performance, grazie all’eye tracker e alla metrica delle fissazioni applicata sulle aree di interesse, abbiamo potuto apprendere che i più esperti, rispetto agli altri gruppi considerati, riuscivano ad individuare molto bene le zone più importanti di entrambe le opere, soffermandosi ad osservarle per un tempo più lungo e cambiando la posizione dello sguardo con più lentezza.
Al contrario, man mano che diminuiva l’expertise, i partecipanti tendevano ad avere un’osservazione quasi più “frenetica”, indice che non sapevano bene dove fermare lo sguardo e quali zone soffermarsi ad analizzare. Nonostante questo, non sono riusciti ad individuare un elevato numero di zone importanti, pur avendo un maggior numero di fissazioni al minuto.
Volendo immaginare di applicare questi risultati, potremmo prevedere un training molto più efficace da parte dei più esperti ai principianti, che, tramite lo strumento eye tracker, potranno mostrare esattamente il proprio modello di esplorazione visiva e potranno più facilmente istruire chi ne sa ancora poco. L’ostacolo principale, soprattutto per quanto riguarda le opere d’arte e la percezione estetica, è l’impossibilità di spiegare in che modo un esperto osservi alcuni dettagli o riconosca alcune parti importanti dell’opera, come in questo caso.
L’eye tracker ci consente semplicemente di mostrare questi percorsi visivi, rendendo comunicabili e trasferibili alcune skills che sono ormai diventate automatiche negli esperti, riducendo contemporaneamente anche il tempo necessario per trasferire queste informazioni.
Bibliografia
Celli, C. F., Balconi, M., & Leanza, F. (2016). Effects of personality traits during the exploration of museum spaces: cerebral (EEG) and autonomic (biofeedback) responses. Neuropsychological Trends, 20 (Novembre), 67-68.
Vogt, S., & Magnussen, S. (2007). Expertise in pictorial perception: Eye-movement patterns and visual memory in artists and laymen. Perception, 36(1), 91–100.
Zangemeister, W. H., Sherman, K., & Stark, L. (1995). Evidence for a global scanpath strategy in viewing abstract compared with realistic images. Neuropsychologia, 33(8), 1009–1025.
Stein, I., Jossberger, H., & Gruber, H. (2022). Investigating visual expertise in sculpture: A methodological approach using eye tracking. Journal of Eye Movement Research, 15(2).