Le emoji vengono elaborate come le parole? Uno studio eye tracker durante la lettura online

Con la diffusione delle nuove tecnologie digitali, la comunicazione tramite messaggistica istantanea, mail, social media, ma anche forum e blog, è sempre più presente nelle nostre interazioni quotidiane, tanto da aver sviluppato una nuova simbologia. Se ci pensiamo bene, infatti, capiamo immediatamente che questo tipo di comunicazione è molto carente rispetto a quella orale. 


La comunicazione scritta ha certamente molti punti di forza, come ad esempio la possibilità di essere riletta più volte per comprendere meglio il messaggio. Ha anche, però, molti punti di debolezza rispetto a quella orale. Pensiamo alla mancanza di moltissimi segnali paraverbali, come il tono, il timbro o il volume della voce, nonché della possibilità di osservare il volto e i gesti dell’interlocutore (soprattutto quando si tratta di interlocutori italiani!) e quindi interpretarne meglio emozioni e stati d’animo.


Magari non ce ne rendiamo conto, ma tutti questi elementi sono fondamentali al pari delle parole che utilizziamo, perché è solo in questo modo che il nostro interlocutore potrà capire meglio le reali intenzioni dietro quello che stiamo cercando di comunicare.

In questo articolo:

A cosa servono le emoji e perché sono state introdotte?

Ma questo come può essere ottenuto anche tramite i canali digitali? La mancanza di segnali non verbali potrebbe infatti influenzare la corretta comunicazione delle informazioni che vogliamo far passare.


Per affrontare questo problema, sono stati ideati nuovi segnali non verbali adatti alla comunicazione digitale, come, ad esempio, scrivere in caps lock, ovvero con solo lettere maiuscole, per comunicare forte rabbia e l’intenzione di “urlare” la frase appena scritta; più punti esclamativi per l’eccitazione e, infine, simboli di espressione che mimano e sostituiscono le espressioni del viso (Harris e Paradice, 2007; Riordan e Kreuz, 2010). 


Proprio l’ insieme di questi simboli di espressione sono  più comunemente noti come “emoji” e vanno appunto a compensare la mancanza di segnali non verbali nelle comunicazioni, ad esempio, tramite social media (Barbieri et al., 2016c).


Le emoji svolgono infatti un ruolo fondamentale nell’attirare l’attenzione degli utenti, stimolare le interazioni tramite social e migliorare l’esperienza generale dei consumatori, insieme alla loro intenzione d’acquisto (Bai et al., 2019; Das et al., 2019).

Come processiamo visivamente le emoji?

Ma come mai le emoji sono in grado di generare un maggior engagement tra gli utenti? Data la loro natura fortemente visiva e simbolica, la ricerca scientifica ha provato a rispondere a questa domanda  utilizzando uno strumento che conosciamo bene: l’eye tracker.


In una ricerca di Barach e colleghi del 2021, gli autori hanno deciso di testare cosa succede quando l’emoji viene presentata in accompagnamento al testo e non in sua sostituzione. 


È un caso classico di uso dell’emoji, che vi sarà capitato spesso – ad esempio – scrivendo l’oggetto di una newsletter, dove Mailchimp stesso (uno dei maggiori servizi di email marketing) vi suggerirà di includere proprio un’emoji per aumentare i tassi di apertura della newsletter.


Non a caso, andando a spulciare tra le newsletter che avete ricevuto, potreste imbattervi in messaggi come questi:

Sebbene infatti spesso le emoji possono essere usate in sostituzione della parola stessa, specie quando si vuole essere particolarmente sintetici, molto più spesso, soprattutto in comunicazioni più professionali tramite social, queste vengono utilizzate in accompagnamento al messaggio testuale, come rafforzamento ai concetti trattati e come metodo per attirare l’attenzione (Cramer, Juan, & Tetreault, 2016). 

 

Il punto è che non sappiamo come le informazioni trasmesse dal messaggio testuale possano interagire con quelle trasmesse dalle emoji. Presentando il tutto in modo simultaneo (messaggio testuale assieme ad alcune emoji), gli autori hanno potuto verificare l’elaborazione semantica visiva delle parti non testuali del messaggio tramite l’eye tracker.

 

Ma veniamo all’esperimento. Gli autori utilizzano l’eye tracking per analizzare l’elaborazione semantica delle emoji durante la lettura di alcune semplici frasi, in cui inseriscono una parola target, che verrà poi rappresentata anche con l’emoji. Per l’esempio che faremo tra poco la nostra parola target sarà caffè. Per ognuna di queste parole poi vengono elaborate 3 differenti versioni della stessa frase, così suddivise:

 

1. Condizione di accompagnamento = come abbiamo visto prima, il caso in cui la parola target viene affiancata dall’emoji corrispondente, ovvero “Il mio caffè stamattina è proprio alla giusta temperatura ☕

 

2. Condizione di incongruenza = è il caso in cui la parola target viene affiancata da un’emoji che non corrisponde al suo significato. Nel nostro caso andremo ad affiancare, ad esempio, l’emoji di una birra: “Il mio caffè stamattina è proprio alla giusta temperatura 🍺

 

3. Condizione no-emoji = ovvero una condizione in cui nella frase non viene inserita nessuna emoji accanto alla parola target: “Il mio caffè stamattina è proprio alla giusta temperatura”

 

I partecipanti coinvolti nello studio sono un totale di 55 e le frasi da poter presentare nelle 3 diverse versioni erano un totale di 89. Ad ogni partecipante venivano quindi mostrate tutte e 89 le frasi, ma in una sola delle tre versioni (accompagnamento, congruenza, no-emoji) che abbiamo visto prima. 

 

Ovviamente l’ordine di presentazione delle frasi era sempre casuale. I partecipanti potevano leggerle agevolmente da uno schermo, il font dei caratteri era Courier New, 22 punti la dimensione, spaziatura singola, colore nero su sfondo bianco. Il loro compito era semplicemente leggere tutte le frasi nel mentre indossavano l’eye tracker, passando di volta in volta allo stimolo successivo premendo un pulsante.

Le metriche utilizzate?

Per analizzare l’elaborazione sia delle emoji che delle parole target, gli autori prendono in considerazione le seguenti metriche dell’eye tracker:

 

1. Durata della prima fissazione = ovvero la durata della primissima fissazione su un determinato bersaglio;

 

2. Durata della singola fissazione = ovvero la durata della prima fissazione nel caso in cui le parole target o le emoji vengono osservate una sola volta nella frase prima di passare alla frase successiva;

 

3. Durata dello sguardo = ovvero la somma totale di tutte le fissazioni fatte sulle parole target o sulle emoji prima di una saccade;

 

4. Tempo totale = somma totale di tutte le fissazioni sulle parole target o sulle emoji compreso quando si torna indietro con lo sguardo;

 

5. Probabilità di skippare il bersaglio = ovvero quando, ad una prima lettura della frase, la parola target o l’emoji, vengono skippate per poi essere osservate in un secondo momento;

 

6. Probabilità di singola fissazione = la parola target o l’emoji vengono fissate una sola volta.

Cosa ci dicono esattamente i risultati?

I risultati mostrano che, rispetto alla condizione di accompagnamento, le emoji nella condizione incongruente portavano a fissazioni più lunghe, mentre le possibilità di skippare e le fissazioni singole erano molto minori. 


Questo ovviamente ci rivela che, nel leggere una specifica parola target e nell’osservare subito dopo un’emoji che sembra non essere per niente adatta al contesto, siamo obbligati a rileggere diverse volte la frase e a tornare su quel simbolo per capire meglio quale sia il significato d’insieme. Questo processo complica la lettura e ne aumenta le tempistiche totali.


Anche le due condizioni in cui era presente un’emoji in generale (o congruente o incongruente), rispetto invece a quando era assente, aumentava i tempi di lettura della frase. 


Quando invece era presente l’emoji congruente, i partecipanti tendevano a skippare più di frequente la parola target, segno che l’attenzione veniva maggiormente attirata dall’emoji e non dal riferimento testuale. Inoltre, più in generale, quando era presente l’emoji di accompagnamento il tempo totale speso sulla parola target era molto minore. 

Quali conclusioni?

Presi tutti insieme, i risultati indicano che le emoji presentano una sequenza temporale di elaborazione visiva molto simile alle parole. La novità data da questo studio, tuttavia, sta nel fatto che, analizzando la registrazione dei movimenti oculari, quando c’è una congruenza semantica l’emoji viene elaborata per prima e viene preferita rispetto alla parola target. Non solo, la presenza dell’emoji porta ad un’elaborazione molto più rapida della stessa frase, rispetto a quella in cui non è presente.


Questo ci indica che gli elementi non verbali (in questo caso le emoji, appunto) interagiscono con gli elementi verbali (il testo) e facilitano la lettura. In fondo, se come abbiamo detto all’inizio dell’articolo le emoji sono paragonabili ai gesti nel parlato, allo stesso modo possono migliorare e favorire la comunicazione, influenzando molto rapidamente la durata delle fissazioni durante la lettura online.


In aggiunta a questo studio, altri lavori che si sono occupati di tematiche simili dimostrano in generale che la presenza delle emoji tende a migliorare la memoria per il testo (Halvorson & Hilverman, 2018), a suscitare emozioni (Riordan, 2017a, 2017b) e a migliorare la comprensione dell’umorismo (Dresner & Herring, 2010; Weissmann & Tanner, 2018). 


L’uso dell’eye tracker potrebbe quindi consentire di creare dei post che, integrando in modo corretto l’uso delle emoji, migliorerebbero la comprensione del messaggio promozionale, adeguandolo al tipo di comunicazione adatta ai social media e ai nuovi strumenti digitali, portando a maggiori interazioni da parte dei consumatori.

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Bibliografia

Bai, Q., Dan, Q., Mu, Z., & Yang, M. (2019). A systematic review of emoji: Current research and future perspectives. Frontiers in psychology, 10, 2221.

 

Barach, E., Feldman, L. B., & Sheridan, H. (2021). Are emojis processed like words?: Eye movements reveal the time course of semantic processing for emojified text. Psychonomic Bulletin & Review, 28, 978-991.

 

Barbieri, F., Ronzano, F., and Saggion, H. (2016c). “What does this emoji mean? A vector space skip-gram model for Twitter emojis,” in Paper presented at the International Conference on Language Resources and Evaluation, LERC.

 

Das, G., Wiener, H. J. D., and Kareklas, I. (2019). To emoji or not to emoji? Examining the influence of emoji on consumer reactions to advertising. J. Bus. Res. 96, 147–156. doi: 10.1016/j.jbusres.2018.11.007

 

Dresner, E.,& Herring, S. C. (2010). Functions of the nonverbal inCMC: Emoticons and illocutionary force. Communication Theory, 20(3), 249–268.

 

Halvorson, K. M., & Hilverman, C. (2018, November 16). Emoji use influences memory for accompanying sentences [Poster]. Annual meeting of the Psychonomic Society, New Orleans, LA, United States.

 

Harris, R. B., and Paradice, D. (2007). An investigation of the computer-mediated communication of emotions. J. Appl. Sci. Res. 3, 2081–2090.

 

Riordan, M. A. (2017a). Emojis as tools for emotion work: Communicating affect in text messages. Journal of Language and Social Psychology, 36(5), 549–567.

 

Riordan, M. A. (2017b). The communicative role of non-face emojis: Affect and disambiguation. Computers in Human Behavior, 76, 75–86.

 

Riordan, M. A., and Kreuz, R. J. (2010). Emotion encoding and interpretation in computer-mediated communication: reasons for use. Comput. Hum. Behav. 26, 1667–1673. doi: 10.1016/j.chb.2010.06.015

 

Weissman, B. (2019). Emojis in sentence processing: An electrophysiological approach. WWW ‘19: Companion Proceedings of The 2019 World Wide Web Conference (pp. 478–479)

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