EEG e Neuromarketing: come le preferenze estetiche implicite possono influenzare le pubblicità su dispositivi mobili

Lo smartphone – lo sappiamo bene – è ormai diventato un elemento imprescindibile delle nostre giornate. Lo utilizziamo per il tempo libero, ma anche per il lavoro. Le funzionalità degli smartphone sono infatti migliorate in modo esponenziale, tanto che quello che un tempo era possibile fare solo tramite il desktop di un computer è ora possibile farlo ovunque noi ci troviamo, compresi acquisti di qualunque tipo. 

 

Contemporaneamente, il mobile marketing è diventato un investimento sempre più importante per le aziende, che hanno maturato la necessità di raggiungere i propri potenziali clienti tramite diverse strategie e canali, dalla pubblicità in app a quella tramite i social, a quelle push basate sulla geolocalizzazione. 

 

Ma la pubblicità su dispositivo mobile non si basa solo sull’uso strategico di determinate informazioni che riguardano le preferenze dell’utente, quanto anche sull’esperienza estetica dell’interfaccia. Alcune ricerche scientifiche hanno infatti dimostrato che le preferenze legate al prodotto o al marchio pubblicizzati online possono derivare da delle preferenze puramente estetiche (Moshagen and Thielsch, 2010; Mttus et al., 2013), alcune delle quali legate al layout. 

 

Il layout rappresenta la disposizione di tutti gli elementi presenti su una pagina. In questo caso, le preferenze del consumatore potrebbero essere dovute ad una specifica combinazione di colori che il layout presenta, o ancora ad una particolare combinazione di forme geometriche (Laarni et al., 2005; Sheedy et al., 2005). 

In questo articolo:

Come misurare le preferenze estetiche implicite? Con l’EEG!

Ma in che modo una o più caratteristiche estetiche legate al layout di alcune pubblicità appositamente pensate per i dispositivi mobili potrebbe influenzare le scelte dei consumatori? La preferenza estetica è un particolare processo cognitivo che elabora gli stimoli visivi e che riflette l’attività di alcune aree cerebrali. Quale strumento migliore per rispondere a domande di questo tipo, se non l’EEG?


L’EEG consiste in una cuffia elastica, su cui sono presenti degli elettrodi, che viene posizionata sul cuoio capelluto dei partecipanti. Questi elettrodi sono collocati in corrispondenza di determinate aree cerebrali in modo da indagare la loro funzionalità elettrica. I sistemi EEG tradizionali richiedono lunghi tempi di assemblaggio e applicazione, che in genere comportano l’abrasione del cuoio capelluto del paziente. Tuttavia, diversi sistemi wireless attualmente disponibili possono essere applicati in 20 minuti o meno senza alcun disagio durante l’applicazione (LaRocco et al., 2020).


Questo strumento è dunque assolutamente non invasivo e ci permette di capire, ad esempio, quali sono le sezioni del sito, della pagina web o del contenuto pubblicitario che attivano maggiormente il consumatore dal punto di vista dell’attenzione e dell’interesse. Una delle metodologie più comunemente usata negli studi di neuromarketing con EEG è quella dei potenziali correlati ad eventi (ERP). Ma a differenza dell’EEG, il cui scopo è quello di registrare l’attività elettrica spontanea del cervello, lo scopo degli ERP è quello di registrare invece cosa accade quando l’individuo processa uno specifico stimolo. In questo caso, dunque, lo strumento registra le variazioni delle onde cerebrali provocati da specifici eventi interni o esterni. 


Uno degli svantaggi dello strumento EEG è che la risoluzione spaziale non è ottimale; infatti, non è possibile associare gli ERP al singolo elettrodo presente sulla cuffia, ma solo a gruppi di elettrodi vicini fra loro, mediando la loro attività elettrica.  Al contrario, il grande vantaggio dell’EEG è la risoluzione temporale. Questo vuol dire che i partecipanti possono svolgere compiti anche molto lunghi ed interagire anche con un grande numero di stimoli per sessione senza che ci sia alcuna conseguenza. Gli ERP possono emergere alcun ms dopo la presentazione dello stimolo e, in base al tempo trascorso, possono essere associati a diverse aree cerebrali.


Nello studio che vogliamo prendere come esempio, realizzato da Wang e colleghi nel 2021, gli eventi esterni erano rappresentati da alcuni stimoli legati ad immagini di interfacce pubblicitarie di mobile marketing. Gli ERP venivano quindi registrati nel mentre i partecipanti osservavano gli stimoli. Lo scopo è quello di capire quali siano gli specifici elementi del layout che più di tutti riescono ad attivare le preferenze estetiche dei consumatori.

Lo studio di Wang e colleghi

I partecipanti coinvolti nello studio sono stati 19 in totale. A questi consumatori è stato chiesto di giudicare una campagna pubblicitaria mobile che prometteva più traffico dati per il proprio smartphone ad offerte vantaggiose. Per evitare che ci fossero delle influenze dovute all’interesse personale, la campagna è stata proposta solo a studenti universitari che, tramite il proprio istituto, avevano già accesso ad un piano di traffico dati illimitato. 


Questo ha permesso di controllare entro certi limiti che le offerte presentate non avessero poi così tanta presa dal punto di vista dell’offerta in sé e che fossero giudicate esclusivamente dal punto di vista estetico.


Le immagini da giudicare erano 30 e differivano solo ed esclusivamente per alcuni elementi legati al layout (Figura 1). Avevano quindi gli stessi colori, le stesse immagini, gli stessi testi e, come accennato, si riferivano tutte alla medesima campagna per telefonia mobile. 


In alcune prove, oltre ai 30 stimoli, era inoltre presente un elemento bersaglio (detto stimolo target, immagine D, Figura1), composto solo da figure geometriche.

Lo studio di Wang e colleghi

Figura 1 Le immagini A, B e C illustrano alcune variazioni nel layout degli stimoli visivi della campagna pubblicitaria. L’immagine D illustra lo “stimolo target”.

Nel corso dell’esperimento, ai partecipanti veniva semplicemente detto di osservare gli stimoli sullo schermo di un computer mentre veniva registrata la loro attività elettrica cerebrale. 


Le immagini apparivano in ordine casuale e l’unico compito del consumatore era quello di cliccare il tasto destro del mouse il più velocemente possibile ogni qual volta vedevano apparire lo stimolo target. In ciascuna prova, quindi, i partecipanti aveva il compito di decidere il più rapidamente possibile se lo stimolo che appariva sullo schermo era uno stimolo target oppure no. Questo serve per assicurarsi che egli presti sempre attenzione allo stimolo visivo e che non lasci semplicemente scorrere le immagini sul monitor senza osservarle realmente.


Alla fine dell’esperimento,  i partecipanti hanno nuovamente visualizzato tutti e 30 gli stimoli, per poi selezionare i 5 preferiti e i 5 piaciuti meno.

I risultati?

L’analisi delle onde ERP ha evidenziato delle oscillazioni che potrebbero dipendere dal fatto che il layout delle interfacce piaciute meno genererebbe un maggior livello di attenzione e un arousal emotivo più forte (in questo caso negativo)  rispetto alle interfacce piaciute di più. Questo perché durante il compito i partecipanti riescono ad acquisire una crescente familiarità con gli stimoli man mano che questi appaiono, di conseguenza gli stimoli che hanno una valenza emotiva minore (in questo caso quelli che piacciono di più) ottengono anche livelli di attenzione più bassi.

Conclusioni

I risultati descritti dimostrano che le preferenze estetiche per i layout delle interfacce mobile sono del tutto implicite e sono legate ad un fattore emotivo che va ad influenzare l’attenzione. Fortunatamente sappiamo anche che c’è uno strumento molto utile che ci viene in soccorso per  analizzare le differenze nell’elaborazione cognitiva degli stimoli: la misurazione degli ERP tramite EEG.

 

Immagina di dover lanciare una campagna di mobile marketing e di voler far valutare il layout di alcuni prototipi. I nostri ricercatori noteranno che i layout che i consumatori giudicheranno (implicitamente) meno gradevoli saranno anche quelli che causeranno maggiori differenze negli ERP. In questo modo, i risultati dello studio potrebbero aiutarti a scartare le proposte non valide, prima del lancio della campagna, e a strutturare il layout delle interfacce mobili in modo strategico.

Bibliografia

Balinsky, H. (2006). “Evaluating interface aesthetics: measure of symmetry,” in Digital Publishing (San Jose, CA: International Society for Optics and Photonics). doi: 10.1117/12.642120

 

Constantine, L. (1996). “Visual coherence and usability: a cohesion metric for assessing the quality of dialogue and screen designs,” in Proceedings Sixth Australian Conference on Computer-Human Interaction (Hamilton), 115–121

 

Deng, L., and Wang, G. (2020). Quantitative evaluation of visual aesthetics of human-machine interaction interface layout. Comput. Intell. Neurosci. 2020:9815937. doi: 10.1155/2020/9815937

 

Laarni, J., Ravaja, N., and Saari, T. (2005). “Aesthetic and emotional evaluations of computer interfaces,” in Human-computer Interaction International Conference (HCI) (Las Vegas, NV).

 

LaRocco, J., Le, M. D., & Paeng, D. G. (2020). A systemic review of available low-cost EEG headsets used for drowsiness detection. Frontiers in neuroinformatics, 42.

 

Moshagen, M., and Thielsch, M. T. (2010). Facets of visual aesthetics. Int. J. Hum. Comput. Stud. 68, 689–709. doi: 10.1016/j.ijhcs.2010.05.006

 

Sheedy, J. E., Subbaram, M. V., Zimmerman, A. B., and Hayes, J. R. (2005). Text legibility and the letter superiority effect. Human Factors 47, 797–815. doi: 10.1518/001872005775570998

 

Tullis, T. S. (1983). The formatting of alphanumeric displays: a review and analysis. Hum. Fact. 25, 657–682. doi: 10.1177/001872088302500604

 

Wang S, Xu C, Xiao L and Ding AS (2021) The Implicit Aesthetic Preference for Mobile Marketing Interface Layout—An ERP Study. Front. Hum. Neurosci. 15:728895. doi: 10.3389/fnhum.2021.728895

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