È una questione di metrica: come analizzare e interpretare i dati e le misure dell’eye tracker

Stai per lanciare una nuova campagna pubblicitaria e pensi a quanto sarebbe bello sapere in anticipo se l’attenzione dei tuoi potenziali clienti sarà davvero attratta dal testimonial scelto dopo ore di costosi focus group. I colori e i copy che avete approvato dopo altrettante ore di duro lavoro e un bel po’ di interviste a campione saranno davvero efficaci nel mare magnum degli utenti online? 

 

Se solo avessi la possibilità di verificare non solo quello che gli utenti dicono di vedere, ma quello che vedono effettivamente, cos’è davvero in grado di catturare la loro attenzione, forse saresti in grado di risparmiare tempo e denaro e avresti la sicurezza che la tua campagna può funzionare molto bene su larghissima scala. Il neuromarketing ci fornisce proprio lo strumento e le metriche che rendono tutto questo possibile: l’eye-tracker.

In questo articolo parleremo di:

Cos’è l’eye tracker?

L’eye tracker è uno strumento che permette  di tracciare e misurare i movimenti oculari tramite la combinazione di telecamere ad alta risoluzione ed una tecnologia di illuminazione prossima agli infrarossi (near infrared) in modo assolutamente non invasivo. L’utilizzo di questo strumento è diventato sempre più diffuso in marketing proprio perché permette di comprendere l’effettiva attenzione visiva del consumatore, e non solo quella dichiarata a posteriori.  

 

Quando ci troviamo di fronte a un copy pubblicitario, a una nuova confezione o a un video promozionale veniamo catturati da una serie di elementi: data la complessità di questi messaggi sempre più multimodali, però, fatichiamo a spiegare a posteriori cosa abbia davvero attratto la nostra attenzione.  

 

Con l’eye-tracker, invece, possiamo prima registrare e poi decodificare il comportamento visivo dell’utente e tradurlo in  output facilmente interpretabili (dai ricercatori, prima, e dalle aziende, poi) e di ottenere una serie di dati e metriche  che possono darci tantissime informazioni rispetto al prodotto o al processo che vogliamo ottimizzare. 

 

Gli output forniti possono essere sia di natura qualitativa che quantitativa. I dati qualitativi, forniscono tutte quelle informazioni che tendono a descrivere un evento più che a misurarlo, in questo caso cosa guarda l’utente.  Al contrario, i dati quantitativi forniscono dati statistici e strutturati. In questo articolo andremo ad illustrare proprio alcune delle metriche eye tracker più utilizzate, cercando di chiarire a cosa servono e come vanno interpretate.

Cosa sono le aree di interesse? 

Le aree di interesse, o AOI, sono quelle regioni dello spazio o dello stimolo preso in considerazione che sono importanti  per la rispondere alla  domanda di ricerca. Nel caso delle aree di interesse, l’output offerto è qualitativo e si presenta sotto forma di figure geometriche colorate (Figura 1) utili ad evidenziare le nostre aree di interesse. Come vedremo più avanti però, le AOI sono anche utili per ottenere misure quantitative come il numero e la durata delle fissazioni. 

 

Nella pratica, si tratta di selezionare delle zone specifiche dall’immagine o dell’ambiente che vogliamo analizzare tramite il software dello strumento. Per esempio, se il nostro obiettivo è quello di valutare i diversi elementi della confezione di un prodotto, l’area di interesse selezionata sarà la facciata della confezione. 

 

Se  invece il nostro obiettivo è quello di capire se il nostro prodotto può attirare maggiormente l’attenzione del consumatore rispetto ad altri prodotti competitor sullo scaffale di un supermercato, potremo selezionare come area d’interesse l’intero scaffale del supermercato oppure solo ed esclusivamente la mensola dove sono presenti i prodotti competitor della fascia di prezzo che più ci interessa, lasciando fuori il resto. 

 

Nella Figura 1 (Chae e Lee, 2013) vengono mostrate le aree di interesse individuate all’interno della schermata iniziale di una vetrina di Amazon analizzata per uno studio sperimentale. Ovviamente, le aree di interesse che i ricercatori scelgono in questo caso dipendono dalla domanda di ricerca dello studio in questione, ovvero cercare di capire se l’uso di immagini con figure umane potesse aumentare l’interesse e l’attenzione verso il prodotto. Le zone evidenziate sono quindi tre, ovvero l’immagine della ragazza, l’immagine del prodotto e la descrizione del prodotto (Figura 1).

 

Possiamo notare come le zone selezionate siano all’interno di forme geometriche di diverso colore e rappresentino appunto le aree di principale interesse rispetto alla pagina del sito. Le AOI infatti non sono delle metriche vere e proprie, ma rappresentano la base affinché tutte le altre metriche (che analizzeremo in modo più approfondito nei prossimi paragrafi) possano essere applicate. Nel caso dell’esempio in Figura 1, potremmo sapere che cosa l’osservatore guarda all’interno delle zone colorate, mentre, siccome non è di nostro interesse, se lo sguardo cade al di fuori di queste aree (per esempio sul logo in alto a sinistra di Amazon) questo non verrà considerato. 

Cosa sono le fissazioni e i gaze-points?

I gaze-points rappresentano l’unità di misura di base e indicano dove l’individuo sta guardando in quel preciso momento, rappresentando i suoi percorsi oculari. Se una serie di gaze-points sono molto vicini fra loro nel tempo e nello spazio, ecco che avremo una fissazione, ovvero un periodo in cui lo sguardo è rimasto ancorato ad esplorare un singolo oggetto o una singola porzione dello spazio. 

 

Le fissazioni sono ovviamente un’ottima misurazione da considerare se si vuole indagare l’attenzione visiva. L’analisi di queste metriche consente di tracciare una mappa del posizionamento dello sguardo, della durata delle singole fissazioni e dell’ordine di visualizzazione. L’output ottenuto è di natura quantitativa.

 

Dal punto di vista grafico, queste metriche vengono rappresentate tramite dei cerchi di diversa grandezza, per cui più grande è il cerchio più lungo è il tempo di fissazione. I cerchi sono inoltre numerati in base all’area che avremo guardato per prima.

 

In uno studio di Husić-Mehmedović e colleghi del 2017, ad esempio, questa tipologia di metrica è stata  utilizzata per verificare quali tra le diverse confezioni di brand di birra in lattina attirasse  di più  l’attenzione dei partecipanti durante l’osservazione libera di uno scaffale. Sono stati utilizzati due collage composti da 29 lattine di birra disposte in modo da replicare quanto più fedelmente possibile un contesto reale di uno scaffale. I marchi selezionati nei collage erano tutti marchi mainstream e non artigianali già presenti sul mercato (e quindi conosciuti).

 

I due diversi collage venivano mostrati in sequenza ai partecipanti, che venivano invitati ad osservarli liberamente nel mentre indossavano un eye tracker. In questo modo, ogni partecipante  veniva esposto due volte alle stesse confezioni, ma posizionate in maniera diversa.

Figura 2 L’immagine mostra il collage di lattine utilizzato nell’esperimento con relativi gaze point e fissazioni.

Fonte: Seeing is not necessarily liking: Advancing research on package design with eye-tracking

I risultati relativi appunto a gaze point e fissazioni rivelano quanta attenzione è stata dedicata nella fase iniziale di orientamento, evidenziando che (Figura 2) i partecipanti prestano inizialmente attenzione alle confezioni posizionate al centro dello scaffale, per poi spostare gradualmente lo sguardo anche verso la periferia dell’immagine e tornare di nuovo verso il centro. 

 

È stato inoltre notato che le confezioni poste nella riga inferiore e superiore sono quelle che ricevono meno attenzione. Questo ovviamente ci suggerisce che la posizione della confezione nello spazio influisce sull’attenzione dell’osservatore ed ha permesso di individuare i prodotti cosiddetti “top performer” (Figura 3), ovvero quelle lattine che sono riuscite più di tutte ad emergere tra le alternative presentate. 

 

A questo punto, sempre utilizzando le stesse metriche – e avendo isolato le confezioni che più delle altre sono in grado di catalizzare l’attenzione del consumatore – è possibile indagare quali sono esattamente le caratteristiche che hanno permesso a tali marchi di emergere nella fase esplorativa, riducendo l’area di interesse dall’intero scaffale alla singola fila di lattine maggiormente performanti.

Figura 3 Gaze point delle cinque confezioni “top performer”.

Fonte: Seeing is not necessarily liking: Advancing research on package design with eye-tracking

Dalle analisi delle fissazioni, si nota che le confezioni più performanti presentano innanzitutto un colore particolarmente saliente (rosso, verde, oro, blu). In aggiunta, un altro fattore molto importante è anche quello più propriamente semantico, relativo al font e al nome del prodotto, che è infatti quasi sempre fra le prime cose osservate. Molto rilevante dal punto di vista attentivo risulta essere anche il logo del marchio.

 

Le analisi dei gaze point rivelano invece che il pattern attentivo si stabilisce inizialmente sempre sulla posizione centrale (dove nella maggior parte dei casi troviamo il nome del prodotto) per poi spostarsi su altri punti di interesse o al di sopra o al di sotto del nome. In sintesi, le lattine che hanno ottenuto i risultati migliori nella fase esplorativa, e quindi di scoperta del prodotto, sono quelle che riescono ad avere un buon bilanciamento fra le rispettive caratteristiche rilevanti, come appunto il nome del marchio e il logo.

Cosa sono le heatmap o mappe del calore?

Le heatmap sono rappresentazioni visive che mostrano la distribuzione generale dei gaze point, ovvero la quantità di fissazioni che vengono dirette alle diverse specifiche parti dell’immagine. Generalmente vengono visualizzate come delle sovrapposizioni di colore che vanno dal rosso, passando per il giallo, e infine al verde. Anche in questo caso, quindi, l’output è di natura qualitativa. 

 

Il colore rosso segnala una maggior densità di gaze point, il colore giallo una densità intermedia ed il colore verde una scarsa densità. Tutte le zone fuori dalle heatmap o non hanno avuto affatto fissazioni o ne hanno avute così poche da essere statisticamente irrilevanti. Anche questa metrica è molto utile se vogliamo visualizzare ancor più in dettaglio quali elementi della scena o dell’immagine riescono ad attirare maggiormente l’attenzione.

 

Possiamo fare un esempio includendo lo studio di Fazio e colleghi del 2021 in cui vengono indagate le preferenze dei consumatori nei confronti di alcune confezioni “innovative” di olio d’oliva. Gli autori hanno analizzato  l’attenzione visiva tramite eye tracker, creando due differenti modelli di confezione (A e B) caratterizzati da tre combinazioni di elementi presenti sull’etichetta (Figura 4 e 5).

Le analisi tramite  heatmap hanno permesso di individuare le  aree oggetto di maggior attenzione da parte dei partecipanti coinvolti. Per quanto riguarda le confezioni A1 e B1 (Figura 6), i risultati mostrano che la confezione A1 presenta come aree di maggior interesse quella con il nome del prodotto e quella con l’immagine delle olive. 

 

Di interesse per gli osservatori, anche il profilo della confezione e, più in particolare, la parte ergonomica che avrebbe potuto essere afferrata per garantire un comodo utilizzo del prodotto. Le analisi svolte mostrano anche una differenza sostanziale tra uomini e donne, per cui gli uomini sarebbero maggiormente attratti dall’immagine stessa delle olive, mentre le donne si concentrano ad osservare il piatto e la pietanza su cui il condimento sta per essere versato.

 

Per quanto riguarda la confezione B1, le aree di maggior interesse erano distribuite uniformemente dall’alto verso il basso e si concentravano quindi non solo sull’etichetta, ma anche sul collo della bottiglia. Anche in questo caso, le analisi delle differenze uomo/donna, mostrano che erano le donne ad essere più attente ai dettagli dell’etichetta.

Per quanto riguarda lo stimolo A2, l’aggiunta di una mano che spreme le olive ha fortemente catalizzato l’attenzione. Il flusso d’olio che dalle olive spremute cade poi sul piatto ha guidato lo sguardo dei partecipanti in questa direzione.  L’etichetta dello stimolo B2 è stata osservata allo stesso modo, ma, in più, i partecipanti si sono concentrati anche sul collo della bottiglia della confezione (Figura 7).

Infine (Figura 8), per lo stimolo A3 le attenzioni dei partecipanti erano tutte riservate, oltre che sulla mano che spreme in questo caso una confezione prodotto, sulla dicitura “Made in Calabria” e sull’icona grafica della regione Calabria. Molto scarsa in questo caso l’attenzione riservata invece al nome prodotto, a differenza dei precedenti casi. Le donne risultavano essere le più attente ai dettagli delle etichette. Come in precedenza, lo stimolo B3, oltre che sull’etichetta, ha attirato l’attenzione sulla forma della confezione stessa.

I risultati di questo studio ci mostrano l’importanza delle heatmap e la mole di informazioni preziose che possono darci in fase di (re)styling o testing di un prototipo. Da pochi, semplici confronti, le heatmap di questo studio ci permettono di trarre tantissime preziose conclusioni. 

 

Ad esempio, la forma e i materiali di cui è composta la confezione riescono a  catalizzare l’attenzione del consumatore. La forma e il materiale preferiti, nello specifico, sono quelli dello stimolo B,  esattamente dove il vetro lascia intravedere il prodotto. 

 

Senza le heatmap, sarebbe stato difficile trarre questa conclusione, ma grazie al confronto degli output abbiamo invece potuto notare che  i partecipanti osservano il collo della bottiglia in vetro, dove era possibile intravedere il prodotto, in tutte e 3 le varianti presentate. 

 

Allo stesso modo, per quanto riguarda l’etichetta, notiamo invece che lo sguardo del consumatore viene attirato dall’informazione relativa alla regione di provenienza del prodotto. 

 

Sempre grazie alle heatmap, è stato infine dimostrato che le immagini che presentavano l’elemento aggiuntivo della mano che spremeva il prodotto riusciva ad attirare l’attenzione dell’osservatore più delle altre. L’analisi dell’eye tracking ha inoltre confermato che uomini e donne osservano la confezione e l’etichetta in modo diverso.

Cos’è il Time to first fixation (tempo dalla prima fissazione)?

Un’altra metrica di particolare interesse, questa volta di natura quantitativa, è relativa al tempo trascorso dalla prima fissazione, che determina appunto quanto tempo impiega il partecipante a guardare per la prima volta una delle aree di interesse. Nonostante possa sembrare una metrica di base – e viene spesso ignorata rispetto alle più celebri mappe del calore – il TTFF ci dà un’informazione molto preziosa in termini di salienza dalla nostra area di interesse e  può fornire informazioni su come vengono privilegiati determinati aspetti di una scena visiva. 

 

In una ricerca Gere e colleghi (2020) esplorano proprio alcuni fattori cosiddetti “bottom-up” (ovvero dal “basso verso l’alto”, che si basa principalmente sullo stimolo esterno e sulle sue caratteristiche percettive) che potrebbero influenzare il giudizio e le scelte di un consumatore, come la  dimensione dello stimolo, sfondo dell’immagine, orientamento della presentazione del prodotto. 

 

Ai partecipanti sono stati  presentati dei gruppi di prodotti fra i quali scegliere (Figura 9) dopo averli osservati (ovviamente mentre indossavano un eye-tracker). Dimensione, sfondo e orientamento delle immagini dei prodotti variavano. Lo sfondo poteva essere bianco, gigio o nero. La dimensione dei cibi poteva essere piccola, media o grande. Infine l’orientamento degli stessi poteva essere orizzontale, verticale, diagonale destro, diagonale sinistro, triangolo rivolto verso l’alto, triangolo rivolto verso il basso.

Figura 9 Esempi di stimoli usati nell’esperimento 

Fonte: Structure of presented stimuli influences gazing behavior and choice

Grazie all’analisi delle TTFF, i ricercatori hanno potuto verificare che questi fattori riuscivano ad influire sul movimento degli occhi dei partecipanti e sulla scelta del cibo. Dalle analisi dei risultati è emerso che il fattore orientamento (verticale, orizzontale, diagonale, ecc) era in grado di influenzare il TTFF e la sua durata, riuscendo ad attirare l’attenzione dell’osservatore in modo significativo.

Cos’è il numero di fissazioni (Fixation count)?

Un numero elevato di fissazioni sta ad indicare che l’utente rivisita più volte la stessa area e questo potrebbe essere indice di un elevato interesse. Per tale motivo, un’altra metrica importante è relativa al numero di fissazioni, che indica appunto la frequenza con cui un partecipante guarda una specifica area di interesse oppure riporta l’attenzione su uno specifico elemento. 

 

Anche in questo caso, l’output è di natura quantitativa. È stato dimostrato, ad esempio, che il numero di fissazioni può correlare con la considerazione che si ha per uno specifico marchio (Chandon et al., 2008). Non solo, il numero di fissazioni può anche aumentare la probabilità che una pubblicità venga maggiormente ricordata (Maughan et al., 2007).

 

In uno studio di Zaman e colleghi del 2016 il numero di fissazioni viene correlato alla volontà di acquisto dei partecipanti. Nel corso dell’esperimento, venivano mostrati dei prodotti ben conosciuti con due confezioni differenti, come nell’esempio della Coca Cola in Figura 10.

Figura 10 Comparazione tra Coca Cola in bottiglia e lattina 

Fonte: Eye Tracking Application on Emotion Analysis for Marketing Strategy

In questo caso, come da grafico, la Coca Cola in bottiglia ha ricevuto un numero più elevato di fissazioni rispetto alla lattina e, nel corso dell’intervista post esperimento eye-tracker, ne risulta che il prodotto che il partecipante era più propenso ad acquistare era esattamente quello che aveva il maggior numero di fissazioni.

Conclusioni

Per concludere, la tecnologia di eye tracking  grazie alla corretta integrazione e interpretazione di  queste metriche principali, ci fornisce un quadro completo dei pattern attentivi dell’osservatore, andando oltre semplici percorsi cronologici di osservazione o mappe del calore.  


Dagli esempi che vi abbiamo illustrato, avrete sicuramente compreso che sia informazioni di natura qualitativa che qualitativa sono cruciali per studiare e interpretare  il comportamento del consumatore in diversi ambiti, dall’ambito web, all’ambito di uno scaffale da negozio, fino allo studio della confezione del prodotto stesso.


Solo conoscendo a fondo le metriche e quello che possono realmente dirci, possiamo  ottimizzare la qualità e l’informatività dei dati estratti e, di conseguenza, migliorare l’aspetto di un prototipo, il posizionamento di un prodotto o un pattern di navigazione, con la certezza di  andare sul mercato con un vantaggio competitivo significativo rispetto alla concorrenza. 

Bibliografia

Franken, G. (2020). Packaging design and testing by eye tracking. In Proceedings-The Tenth International Symposium on Graphic Engineering and Design, GRID (pp. 12-14).

 

Chae, S. W., & Lee, K. C. (2013). Exploring the effect of the human brand on consumers’ decision quality in online shopping: An eye‐tracking approach. Online Information Review.

 

Husić-Mehmedović, M., Omeragić, I., Batagelj, Z., & Kolar, T. (2017). Seeing is not necessarily liking: Advancing research on package design with eye-tracking. Journal of Business Research, 80, 145-154.

 

Fazio, M., Reitano, A., & Loizzo, M. R. (2020). Consumer preferences for new products: eye tracking experiment on labels and packaging for olive oil based dressing. Multidisciplinary Digital Publishing Institute Proceedings, 70(1), 59.

 

Gere, A., Danner, L., Dürrschmid, K., Kókai, Z., Sipos, L., Huzsvai, L., & Kovács, S. (2020). Structure of presented stimuli influences gazing behavior and choice. Food Quality and Preference, 83, 103915.

 

Zamani, H., Abas, A., & Amin, M. K. M. (2016). Eye tracking application on emotion analysis for marketing strategy. Journal of Telecommunication, Electronic and Computer Engineering (JTEC), 8(11), 87-91.

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