Hai mai sentito parlare di hyperscanning? Se stai leggendo questo termine adesso per la prima volta potrà sembrarti il titolo di un avvincente libro di fantascienza o quello di una cervellotica serie Sci-Fi.
Beh, più o meno.
L’ hyperscanning è una nuova tecnica di imaging cerebrale nata appositamente per capire cosa succede nel cervello delle persone quando interagiscono tra loro in contesti cooperativi. Esatto, hai capito bene, questa tecnica può esaminare l’attività cerebrale di più individui contemporaneamente. Ciò è possibile combinando fra loro diverse tecniche preesistenti, ovvero fMRi (risonanza magnetico funzionale), EEG (elettroencefalogramma), NIRS (spettroscopia funzionale nel vicino infrarosso) e biofeedback.
Ma prima di addentrarci in alcuni esempi che ci aiutino a capire meglio come è possibile applicare questa tecnica, fermiamoci un momento ad una domanda fondamentale: perché l’hyperscanning?
Da dove nasce l’esigenza di trovare un modo per esaminare più cervelli mentre interagiscono fra loro?
L’ hyperscanning parte da un processo di ordine superiore che ha come oggetto il legame fra due o più persone.
Le nostre interazioni sociali, il nostro comunicare con gli altri, gli scambi che abbiamo ogni giorno, tutto concorre a creare e sviluppare la nostra intera personalità, quello che siamo. Come sappiamo bene, le informazioni che ci scambiamo quotidianamente sono molto complesse e non si limitano solamente al linguaggio parlato, ma anche ad una serie di comunicazioni di tipo non verbale, come ad esempio i gesti e le espressioni del viso.
Mentre siamo impegnati in scambi sociali, riusciamo ad unire ed interpretare tutte queste informazioni e a produrre azioni sulla base della condivisione di una ben specifica rappresentazione mentale con una o più persone. Sì, descritto in questo modo sembra tutto molto complicato, eppure lo facciamo continuamente ed in modo naturale, senza realmente renderci conto della complessità di quello che il nostro cervello riesce a mettere in atto.
È stato infatti dimostrato che durante lo svolgimento di azioni comuni, seguendo gli stessi obiettivi, due o più persone saranno soggette a meccanismi di adattamento comportamentale, ma anche corporeo e persino posturale (Konvalinka et al., 2014; Masumoto & Inui, 2013).
In questo articolo:
Comunicazione nelle organizzazioni e stili di leadership
Che cosa implica tutto ciò? Che, soprattutto quando ci troviamo in contesti di cooperazione, ad esempio durante un team building o alle prese con un progetto di lavoro condiviso, le persone coinvolte, mano a mano che continueranno ad occuparsi del comune obiettivo, cominceranno ad assumere comportamenti simili e posture del corpo uguali a quelle dei colleghi. Questo ha portato gli studiosi ad identificare il cosiddetto “cervello sociale”, per cui possono verificarsi dei veri e propri meccanismi di sintonizzazione o desintonizzazione neurale e corporea quando ci troviamo in situazioni cooperative.
Detto questo, è facile intuire che il contesto applicativo più interessante e proficuo per lo studio di questi meccanismi è proprio quello organizzativo ed aziendale. Più nello specifico, il focus delle più recenti ricerche neuroscientifiche è stato l’indagine della leadership e dei suoi effetti interpersonali. È ormai noto infatti che le interazioni fra manager e dipendenti sono essenziali ed hanno un effetto diretto su tutta l’organizzazione.
In uno studio molto recente di Balconi e colleghi (2020), gli autori impiegano il paradigma dell’ hyperscanning mediante la combinazione di tecniche di EEG e di biofeedback in un contesto di interazione fra leader e dipendente. Più nello specifico, l’esperimento esplora l’effetto dei diversi stili di leadership sui processi empatici ed emotivi in una situazione in cui il leader deve restituire una valutazione relativa alle performance lavorative del dipendente.
Non esiste, infatti, un unico stile di leadership che venga impiegato allo stesso modo da tutte le persone a livello dirigenziale. La personalità del leader, il suo bagaglio di esperienze, influiscono sul suo stile di leadership, che – è bene ricordare – può anche modificarsi con il tempo.
Ai fini dello studio in questione, sono considerati due principali stili di leadership. quello direttivo e quello partecipativo.
Abbiamo uno stile di leadership direttivo quando il responsabile prende tutte le decisioni importanti senza dare molto spazio a discussioni e confronti con i dipendenti. Stabilisce gli obiettivi in modo autoritario, controlla le scadenze e il modo in cui viene eseguito il lavoro, lasciando poco spazio alla delega.
Al contrario, uno stile di leadership partecipativo prevede che il responsabile accolga di buon grado le opinioni di tutti e che, anzi, incoraggi fortemente la collaborazione e la psychological safety. Discute gli obiettivi assieme ai dipendenti, pur mantenendo il diritto dell’ultima parola decisionale, e investe il suo tempo nella crescita del team.
Durante il setting sperimentale, è stato chiesto ad 11 coppie (composte appunto da leader-collaboratore) di sedersi l’uno di fronte all’altro, mentre il manager era stato istruito a fornire un feedback sulle performance lavorative annuali di chi aveva di fronte sfruttando o un registro comunicativo legato allo stile di leadership direttivo o a quello partecipativo.
Come accennato, il paradigma di hyperscanning prevedeva in questo caso la registrazione di segnali neurofisiologici (EEG) e psicofisiologici (biofeedback).
I risultati mostrano che nella condizione di scambio partecipativo, rispetto a quella di scambio direttivo, abbiamo un più alto ingaggio delle componenti cognitive ed emotive, con un aumento del power delle bande delta e theta nella corteccia prefrontale dorsolaterale e un aumento dell’arousal fisiologico.
In letteratura, le bande delta e theta vengono associate a risposte motivazionali ed attentive evocate da stimoli in grado di suscitare emozioni molto rilevanti. Le coppie coinvolte sempre nello scambio partecipativo, presentano anche un aumento in area frontale del power della banda beta, associata ad una migliore focalizzazione dell’attenzione sull’interazione in corso.
I risultati, presi nella loro totalità, e quindi nella cornice del paradigma hyperscanning, mostrano anche una sincronizzazione emotiva più elevata sia per le risposte centrali (EEG) che periferiche (biofeedback). Questo vuol dire che, nel corso delle interazioni partecipative, le bande delta e theta tendevano a sincronizzarsi maggiormente nelle regioni frontali, così come il livello di conduttanza cutanea, che presentava una maggiore correlazione positiva.
Lo stile di leadership partecipativo, quindi, al contrario di quello direttivo, riesce a creare un’esperienza condivisa tra manager e dipendente più intensa e positiva, portando ad uno scambio interpersonale più empatico (Venturella et al., 2018).
Meccanismi di sincronizzazione corporea ed azioni congiunte
La capacità di entrare in sintonia con l’altro si rivela fondamentale per la formazione di rapporti di lavoro proficui e produttivi (Balconi et al., 2011) e, a partire dall’empatia nei confronti dell’altro, si arriva a meccanismi di sintonizzazione che coinvolgono sia il cervello che il corpo, diminuendo anche i livelli di stress e aumentando invece quelli di autostima.
Ma, oltre ad osservare i meccanismi di sincronizzazione cerebrale, altri studi hanno anche avuto modo di verificare meccanismi di sincronizzazione corporea ed azioni congiunte, individuando adattamenti dinamici del comportamento motorio (e.g. Konvalinka et al., 2010; Zhou et al., 2016).
In un interessante esperimento di Fairhurst e colleghi (2014) il comportamento leader-follower viene indagato nel contesto di un’esecuzione musicale. L’esecuzione musicale rappresenta infatti un eccellente esempio di come le azioni di un leader (che in questo caso potrebbe essere il primo violinista in un quartetto d’archi) possono influenzare – in modo positivo o negativo – le conseguenti azioni di tutti gli altri membri del team (o dell’orchestra, per la tematica dell’esempio scelto).
Un follower (un seguace) o un dipendente tenderà infatti ad adattarsi alle azioni di chi lo guida, riflettendo le sue azioni nel momento in cui è necessario svolgere un compito condiviso e lavorare ad un progetto comune.Nello studio, viene utilizzata questa volta la tecnica fMRI, sempre nella cornice del paradigma hyperscanning, utilizzando un semplice esperimento di tocco delle dita sincronizzato per simulare il comportamento cooperativo e sondare le differenze comportamentali e neurali nei leader e nei seguaci.
I 16 partecipanti coinvolti venivano di volta in volta accoppiati con un compagno virtuale (che loro credevano essere reale) e ascoltavano in cuffia 22 toni musicali. Le istruzioni erano quelle di sincronizzare i colpi delle loro dita (tapping), sulla superficie di fronte a loro, ai toni ascoltati, a partire esattamente dal terzo (e considerando i primi due come di prova). Gli veniva anche detto che accelerando o rallentando il ritmo dei tapping, il partner virtuale si sarebbe adattato a loro, imitando la velocità dei loro stessi movimenti.
L’esperimento non era però così semplice.
Il partner virtuale era infatti stato programmato in modo tale che il tempo che avrebbe impiegato per adattarsi al tapping del partecipante sarebbe potuto variare. Il partecipante doveva quindi, di volta in volta, sforzarsi di mantenere il tempo iniziale dato dai toni ascoltati in cuffia e non lasciarsi trascinare dal tapping del partner. Alla fine del compito, veniva loro richiesto di compilare un questionario sul grado di difficoltà o facilità del compito.
I risultati, sia dei questionari, che del tapping, che del fMRI, rivelano la propensione del singolo partecipante ad essere leader o follower. I leader trovano molto più facile il compito e seguono senza grandi difficoltà le istruzioni iniziale, evitando di lasciarsi fuorviare dal partner. Infatti, in questo tipo di attività dinamica ed interattiva, erano le persone più inclini al comando quelle che riuscivano a mantenere un maggior controllo sulle proprie azioni.
Dal punto di vista dell’imaging funzionale, la propensione che le persone hanno alla guida degli altri era correlata all’attivazione lateralizzata destra di aree coinvolte nel controllo cognitivo e all’attivazione dell’area motoria pre-supplementare, la quale svolge un ruolo fondamentale nel comportamento e alle azioni orientati agli obiettivi e all’esecuzione di un compito specifico.
Come è facile immaginare, i follower non riuscivano a mantenere il focus sui toni in cuffia e si lasciavano frequentemente trascinare dal tapping del partner, adattandosi spesso a quest’ultimo e giudicando il compito come generalmente molto difficile.
Per concludere
Vediamo in questo caso la sincronizzazione delle azioni di due parti che svolgono un compito comune e, anche se una delle due era, per motivi sperimentali, virtuale, questo ci ha permesso comunque di evidenziare le differenti propensioni delle persone coinvolte.
Immaginando di voler ripetere l’esperimento, o comunque una sua variante simile, in ambito prettamente aziendale, potremmo farci una chiara idea di quali membri del nostro team sarebbero più inclini a guidare correttamente i propri colleghi relativamente ad un progetto condiviso, senza lasciarsi fuorviare dalle azioni altrui. Questo, naturalmente, non significa ignorare l’opinione degli altri, bensì, volendo usare una metafora, riuscire a mantenere ben saldo il timone in qualsiasi condizione atmosferica.
Oppure, tornando all’esempio precedente, possiamo il tipo di comunicazione che può influenzare in modo positivo il rendimento dei dipendenti, rispetto ad un manager che adotta un determinato stile di leadership piuttosto che un altro.
L’impiego del paradigma dell’hyperscanning è solo all’inizio della sua diffusione, ma i primi risultati sono già promettenti. Grazie all’utilizzo simultaneo di più tecniche di imaging che conosciamo molto bene, siamo in grado di indagare due o più cervelli interagenti mentre eseguono compiti condivisi.
Questo è molto utile nel momento in cui vogliamo esaminare e migliorare le relazioni interpersonali che, per forza di cose, si instaurano all’interno delle organizzazioni, sia fra leader-dipendente che fra dipendente-dipendente, consentendo di trarre il massimo da ogni attività di cooperazione.
Bibliografia
Balconi, M., Bortolotti, A., and Gonzaga, L. (2011). Emotional face recognition, EMG response, and medial prefrontal activity in empathic behaviour. Neurosci. Res. 71, 251–259.
Balconi, M., Venturella, I., Fronda, G., & Vanutelli, M. E. (2020). Leader-employee emotional “interpersonal tuning”. An EEG coherence study. Social Neuroscience, 15(2), 234-243.
Fairhurst, M. T., Janata, P., & Keller, P. E. (2014). Leading the follower: an fMRI investigation of dynamic cooperativity and leader–follower strategies in synchronization with an adaptive virtual partner. Neuroimage, 84, 688-697.
J., and Inui, N. (2013). Two heads are better than one: both complementary and synchronous strategies facilitate joint action. J. Neurophysiol. 109, 1307–1314.
Konvalinka, I., Bauer, M., Stahlhut, C., Hansen, L. K., Roepstorff, A., and Frith, C. D. (2014). Frontal alpha oscillations distinguish leaders from followers: multivariate decoding of mutually interacting brains. Neuroimage 94, 79–88.
Konvalinka, I., Vuust, P., Roepstorff, A., and Frith, C. D. (2010). Follow you, follow me: continuous mutual prediction and adaptation in joint tapping. Q. J. Exp. Psychol. 63, 2220–2230.
Venturella, I., De Filippis, D., Angioletti, L., Balconi, M., Studiare la leadership in hyperscanning: analisi della sintonizzazione neurofisiologica e corporea durante l’interazione tra manager e collaboratore, Poster, in Atti del “VII Congresso della Società Italiana di Neuropsicologia”, (Roma, 23-24 November 2018), Società Italiana di Neuropsicologia, Roma 2018: 63-64
Zhou, G., Bourguignon, M., Parkkonen, L., and Hari, R. (2016). Neural signatures of hand kinematics in leaders vs. followers: a dual-MEG study. NeuroImage 125, 731–738.