Ci troviamo nell’epoca degli acquisti online: non c’è studio o previsione statistica che non confermi il trend in crescita delle abitudini d’acquisto online. La grande attenzione dedicata all’usabilità degli e-commerce e dei processi d’acquisto online, però, non cancella la necessità dei venditori al dettaglio di offrire un’esperienza piacevole d’acquisto anche nei punti vendita fisici. Il retail marketing online e offline, infatti, fa parte dello stesso ecosistema: se è vero che il 63% degli acquisti inizia online (Think With Google, 2018), non è detto che quello digitale sia l’unico e ultimo touchpoint tra venditore e consumatore: l’esperienza diventa sempre più multicanale, passando dal sito web alla realtà virtuale, dalle recensioni su YouTube ai prodotti promossi sui Tik Tok #getreadywithme.
Ma la realtà è che milioni di consumatori – dopo l’inevitabile situazione causata dai lockdown – ha ripreso a passeggiare tra le vetrine fisiche e navigare tra gli scaffali dei negozi. Una buona percentuale di questi consumatori, dopo essersi fatta una prima idea su un prodotto, ha un bisogno fisico (in letteratura viene definito “Need for touch”), una vera e propria necessità di toccare con mano il prodotto prima di acquistarlo (eventualmente, anche online).
Che siano semplici vetrine iniziali a servizio di acquisti digitali o il vero e proprio touchpoint finale dove i consumatori acquistano per ridurre l’incertezza e la paura associata agli acquisti online (ad esempio, legata ai rischi di spedizione o il timore di inserire i dati della propria carta di credito), i negozi fisici continuano a rivestire un ruolo centrale nell’esperienza utente.
La comodità e la facilità con cui ci stiamo abituando a cercare prodotti e informazioni online, però, rende molto più complessa la sfida dell’in-store retail: clienti, infatti, entrando in un negozio fisico, possono sentirsi sopraffatti dalla quantità di merce presente, dalla disposizione dei prodotti, dalle barriere fisiche e visive dovute alla sistemazione non ottimale degli scaffali. Tutti questi elementi non agevolano, se non addirittura intralciano, la ricerca dei prodotti, delle informazioni e, infine, l’acquisto.
Uno degli elementi che può invece migliorare e facilitare l’esperienza dei clienti, guidandoli agevolmente nello spazio del negozio, è la strutturazione di un buon percorso, che sfrutti al meglio gli elementi contestuali (pensate all’illuminazione e agli odori) e, ovviamente, la disposizione di prodotti e scaffali. A riguardo, l’economia comportamentale e il neuromarketing possono fornire degli spunti d’indagine interessanti, integrando insight di discipline come l’UX e l’architettura delle informazioni.
In questo case study, vi racconteremo il nostro intervento di miglioramento di un punto vendita di una catena di di intimo e tessile. Individueremo insieme alcune delle criticità che possono compromettere un buon percorso di navigazione spaziale, utilizzando l’approccio scientifico e sperimentale che ci contraddistingue
Il problema del cliente
La clientela dimostrava una scarsa autonomia nel momento in cui entrava per fare acquisti. Non riuscendo ad individuare facilmente i prodotti ricercati sugli scaffali, i commessi erano costretti ad intervenire sistematicamente, con conseguenze importanti nella gestione del carico di lavoro, a causa della sempre più ingente richiesta d’aiuto. Al tempo stesso, la situazione era diventata sconveniente anche per chi entrava per fare acquisti non programmati e non mirati, perché si trovava di fronte a tempi anche molto elevati di attesa.
Gli obiettivi che abbiamo concordato
A partire da questa necessità, sono stati definiti 3 obiettivi:
-
- Rendere autonomo e indipendente l’acquisto: come primo obiettivo, occorreva ovviamente individuare le difficoltà riscontrate dai clienti nella ricerca dei prodotti di interesse, in modo tale da mettere a punto una strategia che potesse rendere più semplice, ma anche più piacevole, il processo di ricerca e di acquisto dei prodotti in autonomia.
- Aumentare il tempo di permanenza in negozio: molti studi (e.g. Donovan et al., 1994; Bell et al., 2011) ci indicano che aumentando il tempo di permanenza del cliente nel negozio (ovviamente non perchè sta avendo difficoltà a trovare ciò che sta cercando), aumenteremo anche le probabilità di acquisto. Per questo motivo, il secondo obiettivo era quello di rendere il tempo di permanenza in store più piacevole, facendo in modo che l’ambiente fosse confortevole e facile da navigare.
- Stimolare l’acquisto non programmato: in conseguenza dei primi due punti, il terzo obiettivo era quello di stimolare e favorire l’acquisto di prodotti aggiuntivi, anche lontani dal bisogno iniziale per cui il consumatore era inizialmente entrato in negozio.
La metodologia che abbiamo scelto
Per portare avanti gli esperimenti è stato innanzitutto realizzato un volantino che rappresentasse 6 specifici prodotti scelti dal committente. Le immagini sono state disposte in modo da favorire il miglior pattern attentivo possibile, ovvero da sinistra verso destra (che rappresenta la direzionalità delle nostre abitudini di lettura/scrittura) e dall’alto verso il basso.
I 6 prodotti in questione erano:
- Guanciale Memory
- Lenzuolo solo sotto
- Pigiama donna
- Reggiseno donna
- Boxer Uomo
- Accappatoio
Avendo a disposizione questo volantino, abbiamo coinvolto un totale di 38 partecipanti in un compito di navigazione spaziale “finalizzata” oppure “libera”:
- Nel corso del compito di navigazione spaziale finalizzata, ai partecipanti è stato richiesto di trovare i 6 prodotti indicati nel volantino;
- Nel corso del compito di navigazione spaziale libera, ai partecipanti non è stato imposto nessun tipo di percorso specifico, né un ordine di ritrovamento dei prodotti in particolare.
Al fine di monitorare entrambi i compiti di navigazione, abbiamo usato un eye-tracker indossabile (Tobii pro Glasses 2, nello specifico), per poter verificare cosa esattamente l’individuo stesse osservando e a cosa stesse prestando maggiormente attenzione.
La disposizione di scaffali e prodotti nel punto vendita è stata mantenuta invariata, proprio per avere la possibilità di far emergere tutte le eventuali criticità. Ogni partecipante aveva lo stesso punto di partenza, ovvero veniva posizionato frontalmente ai due corridoi presenti in store, dando le spalle alla porta d’ingresso.
I risultati della nostra esplorazione
Una prima analisi è stata effettuata a partire dai dati eye-tracker, verificando lo stile attentivo dei clienti e suddividendo per comodità tra uno stile denominato “parallelo” ed uno denominato come “sequenziale”. Per stile parallelo si intende l’osservazione dei prodotti in volantino in maniera casuale e l’inizio del compito di ricerca senza un criterio specifico. I clienti con questo stile riescono spesso a trovare un determinato prodotto in modo casuale, mentre magari ne stanno cercando un altro. Sono i clienti che si lasciano per lo più guidare dalle informazioni ambientali circostanti e che non seguono una vera e propria strategia personale.
Per quanto riguarda lo stile sequenziale, i compratori tendono invece a seguire una strategia di ricerca step-by-step. Leggono il volantino con uno schema attentivo che va da sinistra verso destra e dall’alto verso il basso e non spostano l’attenzione su altri prodotti finché non hanno trovato quello che stavano precedentemente cercando. Seguendo una strategia personale, questo tipo di clienti si lascia guidare molto meno dalle informazioni ambientali.
Dopo aver cercato e trovato i prodotti indicati in volantino, i partecipanti dovevano recarsi in cassa per consegnare il tutto. Il 90% dei partecipanti è riuscito a consegnare 6/6 prodotti, non necessariamente quelli corretti, come vedremo più avanti. Dai dati ottenuti dall’eye-tracker risulta che molti prodotti sono stati trovati per caso, mentre altri sono stati sistematicamente ricercati in altri luoghi rispetto a quello in cui si trovavano effettivamente, dimostrando una poca coerenza tra aspettative dell’utente e progettazione e disposizione degli scaffali. Al netto degli errori rilevati e dei ritrovamenti casuali, solo il 40% dei partecipanti è riuscito a portare a termine il compito di trovare e consegnare i 6 prodotti assegnati senza sbagliare.
Partendo dai dati, abbiamo attribuito queste difficoltà di ritrovamento a due fattori principali:
- Caratteristiche esterne del prodotto: la difficoltà a trovare un determinato oggetto potrebbe essere riconducibile all’ambiguità legata a caratteristiche estrinseche e fisiche dello stesso, come il packaging
- Posizionamento: la difficoltà a trovare il prodotto potrebbe essere dovuta al suo posizionamento sullo scaffale
Per determinare a quale dei due fattori fosse riferibile di volta in volta la difficoltà di ritrovamento, sono state analizzate il numero di fissazioni rilevate tramite eye-tracker, ovvero tutti quei punti su cui indugia il nostro sguardo (ovviamente, maggiore sarà il numero di fissazioni, maggiore sarà anche l’ambiguità dell’oggetto osservato).
Grazie all’accelerometro, di cui l’ eye-tracker è dotato, è stato possibile tracciare ed analizzare tutti i movimenti dei clienti all’interno del negozio. Grazie all’analisi di questi dati, è stato rilevato che chi iniziava il proprio percorso partendo dal corridoio di sinistra percorreva una superficie molto più ampia rispetto a chi invece iniziava dal corridoio di destra, sebbene i percorsi fossero esattamente speculari. Questo dato – incrociato con le immagini effettive dei corridoi – può essere interpretato come indice di maggior confusione generato dalla disposizione dei prodotti nel corridoio di sinistra.
Per concludere
Grazie all’utilizzo dell’eye-tracker e alle analisi abbiamo identificare le cause principali per cui i clienti non riuscivano ad essere autonomi nella navigazione del negozio. In breve, le criticità riscontrate riguardavano l’aspetto del packaging dei prodotti stessi (molto simili tra loro, con poche caratteristiche salienti e univoche), il loro posizionamento sugli scaffali, spesso confusionario e poco coerente con le aspettative del cliente, e il percorso fra i corridoi.
Con questi risultati alla mano, l’azienda cliente è stata messa nelle condizioni di poter raggiungere i tre obiettivi inizialmente prefissati, riorganizzando gli spazi e la merce in modo da rendere più piacevole la permanenza nello store e più semplice il ritrovamento dei prodotti. Grazie alla riorganizzazione del percorso, i clienti possono infatti muoversi più agevolmente e in autonomia, valutando con più serenità anche l’acquisto di articoli aggiuntivi e non inizialmente programmati, senza dover dipendere dal costante aiuto di un commesso.
Grazie al nostro intervento, abbiamo riassunto per il cliente le soluzioni proposte e i benefici di questi interventi nelle rispettive tabelle:
Organizzazione del punto vendita
Problema |
Soluzione/Opportunità |
Beneficio |
Disagio spaziale: l’organizzazione attuale rende difficoltoso muoversi nel negozio, in particolare in orari di punta |
Re-design strutturale dello spazio e del percorso di acquisto |
Aumento del comfort durante la permanenza |
Disorientamento: la disposizione attuale dei prodotti rende difficoltoso l’acquisto autonomo |
Divisione dello spazio in sezioni facilmente identificabili |
Facilitazione della ricerca autonoma dei prodotti |
|
Disposizione ed esposizione dei prodotti più efficace |
Stimolare l’acquisto non programmato |
Disposizione dei prodotti, etichettature, prezzi e promozioni
Problema |
Soluzione/Opportunità |
Beneficio |
Difformità delle etichette presenti nel punto vendita |
Identificazione di un formato standard che si adatti a tutte le scaffalature |
Migliore chiarezza che permette una maggiore autonomia del cliente |
|
Presentazione dei prezzi che faciliti il processo d’acquisto |
Aumento delle vendite e dei margini |
Analisi sensoriale
Problema |
Soluzione/Opportunità |
Beneficio |
Disagio olfattivo: il punto vendita presenta numerosi sorgenti odorigene con connotazione principalmente negativa (es. muffoso e polveroso) |
Rimozione delle sorgenti odorigene ove possibile e bonifica costante delle aree con naturale formazione di odori sgradevoli |
Aumento del comfort e della piacevolezza della permanenza in negozio |
|
Diffusione di odoranti positivi mediante diffusori |
Aumento della piacevolezza del punto vendita e sostegno alla rimozione delle sorgenti negative |
Bibliografia
Donovan, R. J., Rossiter, J. R., Marcoolyn, G., & Nesdale, A. (1994). Store atmosphere and purchasing behavior. Journal of retailing, 70(3), 283-294
Bell, D. R., Corsten, D., & Knox, G. (2011). From point of purchase to path to purchase: How preshopping factors drive unplanned buying. Journal of Marketing, 75(1), 31-45