I team manageriali sono particolarmente esposti a fattori di stress.
Si tratta spesso di agenti stressanti (stressor) difficilmente eliminabili, in quanto intrinsecamente legati alla natura stessa del lavoro manageriale: bisogna prendere decisioni cruciali, spesso in breve tempo e con poche informazioni a disposizione, sapendo che da queste decisioni dipendono le sorti di progetti, persone e, ovviamente, di ingenti somme di denaro.
In questo articolo parleremo di stress e l’istinto è quello di iniziare sempre dicendo che “la ricerca ci dimostra che lo stress influisce negativamente”… e quindi snocciolare tutta una serie di variabili che risentono dell’effetto dello stress.
Ad esempio, lo stress ci porta a prendere decisioni poco oculate in ambito di gestione del rischio, e allo stesso tempo può portarci ad essere troppo cauti in situazioni che invece richiederebbero un po’ più di propensione al rischio, e di spirito imprenditoriale – in particolare quando è accompagnato da stati d’ansia.
La verità è che chiunque si sia trovato a lavorare in condizioni di sotto pressione – in particolare negli ultimi due anni – conosce benissimo gli effetti negativi di uno stress intenso e prolungato. Si è parlato a lungo, e a ragione, di burnout lavorativo: in tanti l’abbiamo vissuto sulla nostra pelle o abbiamo avuto la possibilità di vederlo in azione su chi ci stava attorno, membri del nostro team o membri della nostra famiglia. Non c’è quindi bisogno di sottolineare ulteriormente quali siano gli effetti dello stress e perché imparare a gestirlo sia non solo una soft skill da riportare sul CV, ma anche una condizione necessaria per tutelare la propria salute mentale e l’efficacia lavorativa, a beneficio dell’intero gruppo.
Tuttavia, come abbiamo anticipato, eliminare gli agenti stressanti da alcuni contesti lavorativi o da alcune situazioni è impossibile ed abbastanza inverosimile.
Per definizione, le funzioni gestionali – come le posizioni manageriali o imprenditoriali – prevedono che la presa di decisione in condizioni di stress sia a tutti gli effetti parte del ruolo lavorativo che il manager viene chiamato a coprire.
Ciò vale in particolare, nel dominio del decision making ed in particolare della presa di decisione in condizioni di rischio ed incertezza: non a caso, infatti, esiste una vera e propria disciplina all’interno del management strategico (il risk-based performance management, RBPM) che si occupa proprio di fornire alle posizioni apicali degli strumenti – teorici e pratici – che consentano alle aziende di mettere in pratica le proprie strategie in modo sostenibile, operando al contempo all’interno dei limiti della propensione al rischio individuale.
Se eliminare gli stressor è impossibile, la soluzione va ovviamente cercata altrove e questa soluzione sta proprio nella sua gestione: Possiamo imparare a gestire lo stress e migliorare i processi di presa di decisione in situazioni stressanti? Se sì, con quali strumenti?
Alcuni membri del team di ricerca di Umana-Analytics si sono posti questa domanda e hanno trovato una risposta grazie ad uno studio sperimentale [1], i cui risultati sono stati pubblicati su Scientific Reports (una rivista multidisciplinare del gruppo Nature).
L’obiettivo dello studio era proprio di comprendere:
- Se e come fosse possibile aiutare i manager ad imparare a gestire stati di disregolazione fisiologica, provocati da situazioni di stress, tramite l’autoregolazione appresa;
- Se l’autoregolazione appresa potesse avere un impatto positivo sui processi di presa di decisione e – quindi – aiutare i manager a prendere delle decisioni migliori.
La tecnica: Il Neuro-Biofeedback
Per rispondere a questa domanda di ricerca, il team ha utilizzato il neuro-biofeedback. Si tratta di un insieme di tecniche che permettono alla persona di acquisire una maggiore consapevolezza (e di conseguenza, una maggior capacità di autoregolazione) delle proprie funzioni psicofisiologiche e dei propri stati interni. Queste funzioni – come ad esempio la conduttanza cutanea, la tensione muscolare, la pressione sanguigna o la frequenza cardiaca – agiscono al di fuori del controllo volontario. Quello che avviene durante un training tramite (neuro)biofeedback è molto facile: il soggetto riceve – appunto – un feedback (generalmente visivo, uditivo o audiovisivo) dell’andamento dei segnali relativi al proprio stato psicofisiologico. Il concetto di feedback – o retroazione – sta alla base di tantissimi processi di apprendimento – ad esempio: quando impariamo ad andare in bicicletta aggiustiamo il nostro movimento in base ad una serie di input sensoriali che riceviamo rispetto al bilanciamento. Impariamo ad aggiustare la nostra velocità e il nostro equilibrio grazie a queste informazioni, senza le quali non saremmo in grado di coordinare i movimenti ed imparare ad andare in bicicletta senza cadere. A lungo andare (grazie alla pratica ed all’esperienza) impariamo ad interpretare gli input esterni in maniera automatica: aggiustiamo velocità ed equilibrio quasi inconsciamente ed è per questo che andare in bicicletta diventa sempre più facile.
Il nostro sistema biologico, definito per questo omeostatico – è quindi in grado di autoregolarsi tenendo conto di informazioni provenienti dal sistema stesso – senza alcun intervento esterno. Proprio come avviene con la bicicletta, grazie al neuro-biofeedback possiamo osservare le nostre reazioni psico-fisiologiche di fronte a specifici stressor: ottenere un feedback sensoriale ci consente di ottenere un riscontro immediato su reazioni che altrimenti sarebbero di difficile osservazione – ad esempio, le piccole variazioni della nostra resistenza elettrica cutanea (quelle che ci fanno sudare il palmo delle mani quando siamo in attesa del risultato di un esame importante).
Non dimentichiamo un passaggio fondamentale: ad ognuna di queste alterazioni fisiologiche sulle quali otteniamo un feedback è associato un cambiamento nello stato mentale ed emozionale, sia esso conscio ed inconscio.
La Metodologia di Ricerca
Ventitre manager di un’impresa multinazionale con sede in Italia sono stati invitati a partecipare allo studio e sono stati divisi – randomicamente – in due gruppi: il gruppo sperimentale ed il gruppo di controllo. Entrambi i gruppi – nel corso di 11 settimane – hanno svolto una serie di compiti (o task comportamentali). Si tratta di una serie di compiti che permette di simulare – o meglio, di semplificare – dei processi di presa di decisione, come compiti di scelta in condizioni di rischio o incertezza (per i più temerari, rimandiamo a qualche approfondimento nel glossario in fondo). Questi compiti permettono dunque di valutare alcune caratteristiche individuali come il discounting probabilistico o temporale che, a loro volta, sono predittori di comportamenti impulsivi e di risk taking- più in generale – della capacità di una opportuna valutazione di costi e benefici.
L’unica differenza tra i due gruppi sta nel fatto che il gruppo di manager nella condizione sperimentale è stato sottoposto ad un protocollo di Training tramite Neurobiofeedback (NBFT), mentre al gruppo di controllo è stato semplicemente chiesto di guardare una serie di video senza alcuna valenza.
Il trattamento
Le sessioni di trattamento sono state somministrate tramite una pacchetto del Thought Technology System (in dotazione di Umana-Analytics) chiamata proprio “Stress Control Suite”, che aiuta a monitorare i livelli di stimolazione e ad insegnare l’autoregolazione utilizzando strategie di apprendimento per ridurre la tensione e lo stress. I partecipanti hanno preso parte a otto sessioni di trattamento (divise in varie settimane) ciascuna della durata di circa 25 minuti. Il protocollo di trattamento scelto prevede due fasi: una fase di allenamento e una fase di rilassamento. La prima fase di allenamento è composta da cinque attività di biofeedback (allenamento della conduttanza cutanea e/o della temperatura con o senza animazione) durante le quali – utilizzando il feedback mostrato sul display e grazie ad una procedura guidata- i partecipanti venivano istruiti a diminuire la conduttanza cutanea o ad aumentare la temperatura alternativamente.
La seconda fase, invece, è stata concepita come un’attività di rilassamento da somministrare alla fine di ogni sessione di training. Per questa fase finale è stata utilizzata una rotazione tra quattro diverse tecniche di rilassamento: rilassamento con battiti binaurali, rilassamento con respirazione accelerata, rilassamento sensoriale guidato e meditazione guidata per il rilassamento emotivo (adattati dal Mindfulness-based stress reduction program – MBSR). Ognuno di questi protocolli di rilassamento aveva una durata di circa 10 minuti.
I risultati
Lo studio ha dimostrato per la prima volta che l’insegnamento e la pratica della capacità di autoregolazione attraverso il trattamento Neurofeedback è in grado di migliorare i processi di presa di decisione economica – come ad esempio il discounting temporale e probabilistico. Si tratta di due variabili fondamentali che vanno a comporre il bagaglio di competenze di chi riveste ruoli manageriali, dove prendere decisioni in fretta e sotto stress non è l’eccezione, bensì la regola.
I ricercatori e le ricercatrici hanno dimostrato che i manager nella condizione sperimentale – grazie al trattamento NBF – hanno aumentato la propria capacità di autoregolazione in condizioni di stress cognitivo e di conseguenza hanno riportato punteggio di sconto più bassi nelle scelte probabilistiche e un minor numero di decisioni prese in maniera impulsiva.
Non è stato rilevato, invece, alcun effetto del trattamento sulle scelte intertemporali.
Questi risultati forniscono prove convincenti dell’influenza della capacità di autoregolazione sul processo decisionale in scenari di scelte economiche e contribuiscono alla comprensione della relazione tra stress, reazioni psicofisiologiche e processo decisionale economico.
Per questo motivo, la nostra risposta è sì.
È possibile aiutare i manager ad imparare a gestire ed autoregolare gli stati emotivi provocati da situazioni di stress.
Queste tecniche di apprendimento e di autoregolazione hanno un impatto positivo sui processi di presa di decisione e possono a tutti gli effetti aiutarci a prendere scelte migliori
Lo studio di riferimento
Iodice, P., Cannito, L., Chaigneau, A., & Palumbo, R. (2022). Learned self-regulation in top-level managers through neurobiofeedback training improves decision making under stress. Scientific Reports, 12(1), 1-13
Glossario e chiarimenti terminologici
Rilassamento con battiti binaurali: Si tratta di una tecnica di rilassamento basata sull’utilizzo di due suoni che differiscono leggermente (la frequenza non deve superare i 30Hz) nella loro frequenza, mandati contemporaneamente e separatamente a ciascun orecchio. L’ascoltatore sentirà quindi una diade modulante a una frequenza pari alla differenza di tonalità. Questo effetto avviene puramente nel cervello dell’ascoltatore, e non per sovrapposizione fisica delle onde sonore – in quanto l’ascolto avviene tramite auricolari. Il cervello, a tutti gli effetti, genera un terzo tono equivalente alla differenza tra le due frequenze e viene percepito dal soggetto in maniera nitida come un battimento acustico indipendente.
La ricerca (ancora preliminare) sui battiti binaurali ha rilevato effetti positivi per l’alleviamento del dolore, la riduzione dell’ansia, la memoria visuospaziale di lavoro o l’insonnia; tuttavia, ci sono stati risultati contrastanti sui suoi effetti sulla concentrazione. Sebbene la ricerca stia dimostrando la loro efficacia in vari campi di applicazione, le prove sperimentali non sono ancora definitive, in particolare in aree come la cura per l’abuso di sostanze stupefacenti, alcool o tabagismo o i trattamenti per Parkinson ed Epilessia. Recentemente i suoni binaurali hanno ottenuto grande attenzione sul web, a causa del proliferare di video o app di meditazione che attribuiscono a questi suoni capacità curative, di cui – tuttavia – non esiste alcuna prova scientifica. Allo stesso tempo, i toni binaurali sono stati definiti “droghe virtuali”, in quanto ne vengono millantati effetti psicoattivi (come quelli delle droghe leggere). Neppure queste teorie hanno al momento alcun fondamento scientifico e alcuni studi ipotizzano un effetto placebo dovuto alla suggestione. Altri studi sui presunti effetti psichedelici dei battiti binaurali, basati su risposte autoriportate di utenti che dichiarano di farne uso per questo scopo, dimostra invece che spesso i fruitori si espongono a tali suoni già sotto effetto di cannabis o altre psicoattivi psichedelici.
Retroazione, retroregolazione o feedback: la retroazione, o retroregolazione o feedback, è la capacità di un sistema di tenere conto di informazioni del sistema stesso per modificare le sue caratteristiche senza un intervento esterno.
Retroazione positiva o autorafforzamento: parliamo di retroazione positiva quando il feedback produce un’amplificazione nel funzionamento del sistema che l’ha prodotto. Le informazioni ottenute dal sistema vanno ad amplificare il funzionamento del sistema stesso, che a sua volta produrrà un aumento della risposta che andrà nuovamente ad amplificare il funzionamento del sistema.
Retroazione negativa o controreazione: parliamo di retroazione negativa quando la risposta diminuisce lo stimolo che l’ha prodotta.
Scelte intertemporali e discounting temporale: Una scelta intertemporale è un processo attraverso il quale siamo chiamati a prendere una decisione che avrà effetti in diversi momenti nel tempo. Le scelte intertemporali possono essere riassunte nel detto “Preferisci un uovo oggi o una gallina domani?” e riguardano tantissimi domini (non solo economici): la gestione del risparmio, l’impegno lavorativo, l’istruzione, l’alimentazione, l’esercizio fisico, l’assistenza sanitaria e così via. Queste scelte richiedono alle persone di assegnare un valore relativo a diversi payoff posti in diversi punti nel tempo, ad esempio: preferisci 50 euro oggi, 100 euro tra un mese o 250 euro tra sei mesi? La risposta a questa domanda dipende dal tuo tasso di sconto temporale.
Una delle misure più utilizzate per misurare l’attualizzazione temporale, vale a dire la tendenza delle persone a preferire ricompense monetarie più piccole ed immediate rispetto a ricompense più grandi ma ritardate nel tempo, è il Kirby Delay-Discounting Task. Ai partecipanti viene chiesto di completare una serie di domande nelle quali viene chiesto loro di scegliere tra una ricompensa più piccola (es. 25 dollaro oggi) ed una ricompensa più grande successiva (es. 35 dollari tra 25 giorni). Delle tecniche di modellazione statistica permettono di adattare la funzione che mette in relazione tempo e attualizzazione ed ottenere una misura di ripidità della curva di attualizzazione, il delay discounting. Una curva decrescente in maniera più ripida indica un maggior tasso di sconto applicato dal soggetto che svaluterà più rapidamente le ricompense man mano che diventano più lontane sulla linea temporale. Diversi tassi di “delay discounting” vengono utilizzati come indicatori di un processo decisionale orientato al futuro e come misura di impulsività. A punteggi molto alti di discounting temporale sono associate una serie di comportamenti poco virtuosi dal punto di vista economico (minor propensione al risparmio) ma anche dal punto di vista della salute, come ad esempio una bassa tendenza a rinunciare ad un piacere immediato (consumare dell’alcool, o fumare una sigaretta) a fronte di un guadagno futuro in termini di salute. Per una disamina della letteratura, consigliamo l’articolo di da Matta e colleghi (2012).
Discounting probabilistico: Il discounting probabilistico (o attualizzazione probabilistica) si basa sull’assunto (e sull’osservazione del fenomeno) per cui un guadagno probabilistico è solitamente considerato di valore inferiore rispetto alla stessa quantità di guadagno disponibile con certezza. (Shead & Hodgins, 2009).
Uno degli strumenti utilizzati per misurare i tassi di attualizzazione individuali per quanto riguarda le scelte probabilistiche è un compito (Madden e colleghi, 2003) in cui ai partecipanti viene chiesto di scegliere tra una somma di denaro certa (es. Ottenere 20 euro con il 100% di probabilità) e una somma di denaro che è possibile vincere con una certa probabilità (es. Ottenere 100 euro ma con il 50% di probabilità, quindi – ad esempio – tirando una moneta ed ottenendo “testa”).
L’attualizzazione della probabilità può essere quindi definita come la diminuzione del valore soggettivo al diminuire della probabilità di un risultato. Una curva decrescente in maniera più ripida indica un maggior tasso di sconto applicato dal soggetto che svaluterà più rapidamente le ricompense man mano che diventano meno probabili. Tassi di discounting probabilistico molto bassi possono indicare condizioni di propensione al rischio eccessiva – come nei casi di giocatori d’azzardo.